Autore
Federico Genovesi
Fisioterapista, Osteopata presso Manchester City FC
Il primo livello di valutazione: dal semplice al complesso attraverso l’analisi di una struttura miofasciale
In questo breve articolo vorrei soffermarmi su come una struttura muscolare, indagata secondo i criteri di struttura e funzione, può dare informazioni sistemiche ad un assessment di primo livello.
Prenderò come esempio il muscolo retto femorale in qualità di muscolo biarticolare.
Il muscolo retto femorale fa parte del muscolo quadricipite e ne rappresenta lo strato più superficiale. È l’unico muscolo biarticolare del gruppo quadricipitale. Le sue fibre sono bipennate e svolgono la funzione di flessione dell’anca e estensione del ginocchio. Emerge dall’ileo (SIAI) subito distalmente e nel mezzo di sartorio e tensore della fascia lata.
Funzionalmente ha un ruolo chiave nelle attività di deambulazione e corsa. La retrazione di questo muscolo, oltre a causare un tilt anteriore pelvico, provoca un glide superiore della rotula (patella alta) che è spesso causa di dolore anteriore di ginocchio.
La sua origine prossimale avviene attraverso 2 tendini: il diretto, si inserisce sulla spina iliaca antero inferiore SIAI, mentre l’indiretto sul solco acetabolare. L’inserzione distale avviene assieme ai muscoli vasti sulla rotula e tramite il tendine rotuleo sulla tuberosità della tibia.
Da questa semplice descrizione anatomica, già abbiamo numerose parti anatomiche da controllare, facenti parte del network locale di questa struttura muscolare.
L’innervazione del muscolo retto femorale dipende dal nervo femorale, il quale lo mette in diretta relazione con le vertebre lombari L2, L3, L4 e con tutte le strutture che potenzialmente possono influenzare perifericamente questo nervo.
Il test muscolare classicamente descritto per il retto femorale si pò eseguire in posizione seduta o da supino.
- In posizione seduta, si valuta principalmente la flessione dell’anca e, per distinguerlo dal test dello psoas, si deve evitare il vettore di adduzione e rotazione esterna. Il paziente deve, dunque, sollevare la coscia dal lettino con posizione neutra di adduzione/abduzione e rotazione esterna/interna, mentre il terapista deve stabilizzare la spalla omolaterale con una mano e con l’altra deve contattare la regione anteriore e distale della coscia subito prossimalmente al ginocchio. Si chiede al paziente di flettere l’anca verso la spalla omolaterale mentre il terapista oppone una resistenza nella direzione dell’estensione.
- Il test da supino, invece, si svolge con il ginocchio piegato a 90° e l’anca flessa a circa 70°. Il terapista, con una mano stabilizza la parte anteriore e distale della coscia opposta e con l’altra contatta la parte anteriore della coscia subito prossimalmente al ginocchio, chiedendo al paziente di flettere l’anca per portare il ginocchio verso la spalla omolaterale, mentre oppone una resistenza nella direzione dell’estensione d’anca. Se si vuole porre l’enfasi sull’estensione del ginocchio, si deve far assumere al paziente una flessione dell’anca di circa 10° e un’estensione quasi completa del ginocchio (non completa, poicéè includerebbe i vasti); il terapista contatta la superficie anteriore e distale della coscia sopra al ginocchio e la parte prossimale della regione anteriore della gamba. Si chiede al paziente di spingere la coscia in flessione e mantenere il ginocchio in quasi completa estensione, mentre l’esaminatore oppone una resistenza nella direzione dell’estensione dell’anca e della flessione del ginocchio (con maggior pressione prossimale). Quest’ultimo test se fatto con il ginocchio in estensione è un test che valuta la stabilità del ginocchio: se in completa estensione risulta debole, ma se in non completa estensione è normale, probabilmente c’è un problema di stabilità del ginocchio o potrebbe essere presente un’interazione con i muscoli reattivi.
Questa visione estremamente kinesiologica, chiaramente, non tiene conto delle relazioni funzionali del retto femorale con le strutture addominali o con gli altri flessori dell’anca. Queste sono, senza ombra di dubbio, relazioni fondamentali da indagare, ma per ora voglio focalizzarmi sull’analisi della singola struttura al fine di ottenere informazioni sul Sistema.
Le strutture miofasciali connesse funzionalmente con il retto femorale sono, dal punto di vista sinergico, i muscoli pettineo (sinergico per la flessione dell’anca), iliaco (sinergico per la flessione dell’anca), psoas (sinergico per la flessione dell’anca), sartorio (sinergico per la flessione dell’anca), tensore della fascia lata (sinergico per la flessione dell’anca e per l’estensione del ginocchio), adduttore lungo (sinergico per la flessione dell’anca), gracile (sinergico per la flessione dell’anca), vasto mediale (sinergico per l’estensione del ginocchio), vasto laterale (sinergico per l’estensione del ginocchio), vasto intermedio (sinergico per l’estensione del ginocchio).
Dal punto di vista antagonista, i muscoli: grande gluteo (antagonista nella flessione/estensione dell’anca), semitendinoso (antagonista nella flessione/estensione dell’anca e nella flessione/estensione del ginocchio), semimembranoso (antagonista nella flessione/estensione dell’anca e nella flessione/estensione del ginocchio), bicipite femorale capo lungo (antagonista nella flessione/estensione dell’anca e nella flessione/estensione del ginocchio), bicipite femorale capo breve (antagonista nella flessione/estensione del ginocchio), popliteo (antagonista nella flessione estensione del ginocchio), gastrocnemio capo mediale (antagonista nella flessione estensione del ginocchio), gastrocnemio capo laterale (antagonista nella flessione estensione del ginocchio), sartorio (antagonista nella flessione estensione del ginocchio).
Un segno di debolezza o inibizione del retto femorale è la rotazione posteriore dell’ileo con abbassamento del bacino dallo stesso lato della debolezza; potrebbe, quindi, essere notato un passo corto. Quando è debole risulta esserci una difficoltà nel salire e nello scendere le scale, nell’alzarsi o sedersi (da una sedia o sul letto…)
La debolezza del retto femorale può provocare un’instabilità pelvica, instabilità del ginocchio e disordini del passo (essendo il primo motore nell’avanzamento del femore). La sindrome dell’ileopsoas, la sindrome del legamento inguinale, la compressione della radice di L3 (forame intervertebrale L2-L3) possono provocare la debolezza del retto femorale (e anche dello psoas).
Per mantenere il sostegno anteriore del bacino, in caso di debolezza del retto femorale, si deve manifestare un’iper-attivazione del sartorio e del gracile. La debolezza bilaterale è associata con rotazione posteriore dei due ilei e riduzione della lordosi lombare.
La disfunzione somatica miofasciale del retto femorale limita i movimenti di estensione dell’anca e di flessione del ginocchio; essendo un muscolo biarticolare se ne dovrebbe testarne l’estensibilità di flessione di ginocchio e l’estensione d’anca, contemporaneamente. Questa disfunzione provoca dolore alla regione anteriore della coscia con irradiazione in alto verso il legamento inguinale e in basso verso il tendine rotuleo
È spesso associata a inibizione dei vasti del quadricipite e ad artrosi femororotulea. È frequentemente associata al dolore nell’area rotulea, al dolore anteriore profondo nell’articolazione, al dolore notturno al terzo distale anteriore della coscia e al ginocchio anteriormente; infine, al dolore o alla debolezza nella discesa delle scale.
Le principali aree di dolore riferito dal muscolo retto femorale sono l’area anteriore del ginocchio e l’area anteriore della coscia (terzo medio e distale) e, spesso, questa disfunzione si presenta assieme alle disfunzioni miofasciali di psoas, vasto mediale, vasto laterale, vasto intermedio e sartorio.
Da una semplice struttura muscolare, ad un primo livello di valutazione, si possono già analizzare un gran numero di altre parti.
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