Nel prendere decisioni sulla cura del paziente, i fisioterapisti si pongono spesso delle domande che possiamo generalmente classificare in due categorie: domande di background e domande di foreground.
Le domande di background riguardano la ricerca di informazioni e conoscenze generali su una malattia, un bisogno sanitario o interventi possibili. ‘Quali sono le best practice per la riabilitazione post-operatoria dopo una ricostruzione del legamento crociato anteriore (LCA)?’ Possiamo trovare queste informazioni all’interno della letteratura terziaria, come manuali, libri di testo e linee guida cliniche, ma anche in revisioni sistematiche e meta-analisi.
Le domande di foreground, invece, si focalizzano su informazioni specifiche da applicare direttamente al paziente e ci aiutano nel ragionamento e nella decisione clinica. Ecco un altro esempio di domanda relativa alla stessa patologia, ma formulata concentrandosi su aspetti specifici e dettagliati: ‘Nei pazienti adulti con lesione del legamento crociato anteriore (LCA), la combinazione di terapia manuale ed esercizio terapeutico è più efficace rispetto ai soli esercizi riabilitativi nel migliorare la stabilità del ginocchio e la qualità della vita?’.
Come si evince dall’esempio, è fondamentale saper formulare quesiti clinici adeguati, che siano rilevanti per il paziente e posti in maniera chiara, in modo da orientare la ricerca di risposte pertinenti dalla letteratura biomedica (database). In questo articolo ci concentreremo principalmente sulle domande di foreground. Vediamo ora come formularle e quale tipologia di studio ci offrirà le risposte migliori.
MODELLO E STEPS DELL’EBP
L’Evidence-Based Practice nasce da un quesito (centrato sul paziente) posto dal clinico, il quale prende successivamente in considerazione tutti i domini dell’EBP senza eccezioni: ‘le migliori evidenze’, ‘lo stato clinico, il setting e le circostanze’ e ‘le azioni e le preferenze del paziente’. Negli ultimi modelli vengono considerate anche le ‘risorse sanitarie’.
All’interno di questa struttura, la competenza clinica da parte del fisioterapista è paragonata al ruolo di un architetto, che utilizza le evidenze come mattoni nella costruzione dell’edificio del paziente, che rappresenta la sua salute e benessere.
Proprio come un architetto, il fisioterapista progetta con cura l’edificio tenendo in considerazione i bisogni specifici e le preferenze del paziente, scegliendo i materiali appropriati (evidenze) e assicurandosi che la costruzione proceda nel verso giusto (monitorando gli effetti degli interventi sulla salute).
Per applicare questi concetti nella pratica clinica vengono delineati cinque passaggi fondamentali che il clinico deve necessariamente conoscere. In questo articolo approfondiremo i primi due.
Primo step: formulazione del quesito clinico
Durante la nostra pratica quotidiana, ci troveremo a dover prendere delle decisioni cliniche, come scegliere tra due interventi riabilitativi, capire la tempistica delle prestazioni (ogni quanto tempo affinché funzionino) o decidere la tipologia di paziente su cui intraprendere un intervento e così via.
Il primo step consiste quindi nel rilevare un bisogno clinico della persona in cura per poi trasformarlo nel processo di formulazione del quesito di ricerca, con la finalità di indirizzarci verso la decisione clinica più adeguata.
I quesiti di ricerca riguardano principalmente:
- Il trattamento (valutare l’efficacia degli interventi sanitari)
- La diagnosi (valutare l’accuratezza diagnostica dei test)
- La prognosi (valutare l’evoluzione naturale della patologia)
- L’epidemiologia (valutare la prevalenza o l’incidenza della patologia)
- L’eziologia (valutare i fattori di rischio di una malattia)
‘Nelle lesioni del legamento crociato anteriore, il Lachman-test ha un valore di specificità tale da confermare la diagnosi?’ (Esempio di quesito clinico diagnostico).
Ci siamo assicurati in questo modo che la domanda ricada in una di queste categorie e sia centrata sulle reali esigenze dell’assistito. Vediamo ora come formulare la domanda e quali studi prendere in considerazione.
Secondo step: ricercare ed acquisire le evidenze
Il secondo step consiste nel riconoscere le principali fonti provenienti dalla letteratura scientifica e nel saper realizzare una appropriata stringa di ricerca.
‘Population Intervention Comparison Outcome’ (P.I.C.O)
Per la nostra stringa di ricerca utilizziamo una semplice struttura:
- P (popolazione): pazienti adulti con lesione del legamento crociato anteriore
- I (intervento): chirurgia di ricostruzione
- LCA C (confronto): trattamento conservativo
- O (outcome): stabilità articolare
TASSONOMIA DELLA RICERCA
Una volta formulato il nostro quesito clinico, è essenziale comprendere la tassonomia degli studi per individuare e selezionare quelli più pertinenti.
Per le domande di foreground facciamo riferimento principalmente alle fonti primarie e secondarie.
Le prime sono quelle che hanno come oggetto di studio i pazienti e costituiscono la base della piramide della ricerca.
Gli studi secondari invece si basano sull’analisi di dati già esistenti provenienti da studi primari (revisioni della letteratura, meta-analisi).
Gli studi primari si dividono a loro volta in sperimentali ed osservazionali, a seconda che vi sia una manipolazione o meno delle variabili di interesse.
Negli studi primari sperimentali, il gold standard per valutare l’effetto delle variabili indipendenti è l’RCT (randomized controlled trial): si creano due gruppi per mezzo di una assegnazione randomizzata a partire da una stessa popolazione, per poi esporre i soggetti di un gruppo all’intervento e misurare gli outcome di entrambi i gruppi.
Negli studi primari osservazionali invece, distinguiamo quelli di carattere descrittivo, che si propongono appunto di descrivere una determinata condizione (in cui non si ha nessuna manipolazione delle variabili):
- Case series
- Case report
Questa tipologia di studi utilizza dati già esistenti e possono generare un’ipotesi sulla base di essi, in genere sono la documentazione di un singolo caso (un evento nuovo o unico).
E quelle di carattere analitico, che cercano di rispondere ad un quesito preciso che riguardi un ipotetico rapporto di causa ed effetto tra almeno due variabili:
- Studio di coorte: analizzano la relazione tra “esposizione” ed “outcome”, vengono reclutati dei soggetti (sani o con determinate caratteristiche) e divisi in due gruppi distinti a seconda dell’esposizione o meno al fattore di rischio, vengono poi monitorati nel tempo per vedere come evolve lo stato di salute (si ammalano?).
- Studio caso-controllo: analizzano la relazione tra “esposizione” ed “outcome”, vengono reclutati i soggetti in base alla presenza (casi) o assenza dell’outcome (controllo) e viene indagata la loro pregressa esposizione ad un fattore di rischio.
In questo caso sono entrambi degli studi osservazionali che hanno un controllo, quindi con una struttura più precisa e definita.
A cavallo tra gli studi analitici e quelli descrittivi abbiamo gli studi trasversali: in cui vengono valutati nei soggetti studiati, contemporaneamente ed in un preciso momento sia l’exposure che l’outcome.
STUDI ADEGUATI AL QUESITO DI RICERCA CLINICA
Arrivati a questo punto possiamo notare come ad una nostra domanda possa corrispondere abbastanza bene un tipo di studio specifico:
- Per la “terapia”: RCT (e corrispondenti revisioni sistematiche e meta-analisi)
- Diagnosi: studi trasversali (e relative revisioni sistematiche e meta-analisi).
- Prognosi: studi di coorte (e relative revisioni sistematiche e meta analisi).
- Eziologia: studi caso-controllo, studi di coorte (e relative revisioni sistematiche e meta-analisi)
- Epidemiologia: studi trasversali (prevalenza) o studi di coorte (incidenza) e relative revisioni sistematiche e meta-analisi.
In conclusione, abbiamo così gli strumenti per valutare attentamente il tipo di studio da considerare una volta definito il P.I.C.O., assicurando così una stretta coerenza con la specifica natura del quesito clinico di interesse.
Tuttavia, affinché il processo di Evidence-Based Practice sia completo, è essenziale completare anche gli step di valutazione critica delle evidenze, della loro applicazione e successiva rivalutazione. Come si dice, chi ben comincia è già a metà dell’opera!
RIFERIMENTI
- Paez A. The ‘architect analogy’ of evidence-based practice: Reconsidering the role of clinical expertise and clinician experience in evidence-based health care. J Evid Based Med. 2018 Nov;11(4):219-226.
- Formulating Patient-Centered Questions. University Library, University of Illinois at Chicago
- Johnson C. Evidence-based practice in 5 simple steps. J Manipulative Physiol Ther. 2008 Mar;31(3):169-70.
Articolo scritto in collaborazione con Lorenzo Deretti