La recente sentenza del tribunale di Mestre di marzo 2024, che ha assolto un fisioterapista dall’accusa di esercizio abusivo della professione medica, ha suscitato un acceso dibattito ed è stata accolta con entusiasmo dai fisioterapisti e dai vari ordini provinciali che hanno rilasciato dichiarazioni ai mezzi di comunicazione.

Ciò che veniva imputato al collega era l’utilizzo dell’ecografo a fini di diagnosi medica durante le sedute di trattamento dei pazienti, configurandosi quindi come un abuso. Il giudice ha ritenuto, invece, che il reato non si fosse configurato.

La sentenza ha stabilito che il fisioterapista, in quanto professionista sanitario dotato di propria autonomia, possa avvalersi anche dell’ecografo per valutare il paziente e monitorare l’andamento del trattamento. 

L’uso dell’ecografia viene fatto nell’ottica di perseguire la salute del paziente e a scopi puramente fisioterapici (valutazione funzionale e diagnosi fisioterapica), nell’ambito di una auspicabile collaborazione tra professionisti che uniscono le proprie competenze al servizio della qualità delle cure.

Già nel 2017, Aifi aveva prodotto un position statement relativo all’uso del RUSI (Rehabilitative Ultrasound Imaging) nella pratica fisioterapica. Citando testualmente, si affermava che “è una procedura utilizzata per valutare la morfologia e la funzionalità del muscolo e dei tessuti molli correlati durante esercizio e attività fisica” e ancora che “è uno strumento che il fisioterapista usa per la valutazione funzionale (L.251/00) e non comporta alcun rischio per l’utente”.

Grazie ai moderni ecografi e soprattutto ai software di ultima generazione, che li rendono più economici e di piccolissime dimensioni ma ugualmente performanti, sempre più fisioterapisti scelgono di usare nella loro pratica clinica questo tipo di imaging, utile soprattutto nelle tendinopatie e nelle lesioni muscolari. Permette di avere un riscontro in caso di bisogno, una valutazione più precisa di morfologia, dimensione e funzionalità muscolare, soprattutto nel monitorare l’evoluzione nel tempo di una problematica.

L’ecografo permette anche di indagare le strutture nervose e di avere una vista privilegiata durante l’esecuzione di test funzionali dinamici. Con un investimento di qualche migliaio di euro, si ha la possibilità di indagare meglio i sintomi del paziente e di accorciare le tempistiche di valutazione, semplificando la vita al paziente che può evitare di rimbalzare da uno studio medico all’altro.

Pensiamo, ad esempio, in corsia, nell’ambito della fisioterapia respiratoria, all’importanza che può avere l’ecografia nel valutare il trofismo del diaframma o la sua capacità di escursione durante la respirazione, permettendo di inquadrare meglio la problematica funzionale del paziente.

Stiamo ovviamente sempre parlando di ecografie dei tessuti muscolari o muscolo-tendinei e non certo di ecografie volte alla diagnosi medica, come sottolinea anche Aifi. Non scordiamo che anche alla categoria professionale degli infermieri è concesso l’uso dell’ecografia ai fini delle prestazioni assistenziali.

È lampante come l’obiezione principale all’uso dell’ecografia da parte di personale non medico sia la mancanza di expertise nell’utilizzare e nell’interpretare le immagini ecografiche. Un medico si forma e specializza per anni dopo la laurea per poter essere in grado di ottenere e leggere al meglio le immagini di un ecografo.

È altrettanto vero che ormai sono sempre più numerosi i corsi di alta formazione all’uso dell’ecografia muscoloscheletrica rivolti ai fisioterapisti, che mirano a formare professionisti competenti nelle proprie specifiche aree. Ormai ci sono molte opzioni per acquisire competenze nell’imaging ecografico, partendo da corsi ECM fino ad arrivare a master universitari.

Quello che sicuramente deve nascere da questa sentenza, oltre all’entusiasmo per una ulteriore apertura ufficiale a una nuova strada percorribile, è la consapevolezza che l’uso di qualsiasi strumento deve essere fatto da coloro che hanno avuto un’adeguata formazione in proposito e che conoscono le indicazioni cliniche all’uso date dalle evidenze scientifiche.

L’ecografo non deve essere insomma l’ennesimo apparecchio per fare appeal o battere cassa, ma deve essere un mezzo ben utilizzato in determinati casi scelti per offrire al paziente un percorso altamente individualizzato e garantirgli un feedback oggettivo nel tempo. Inoltre, l’investimento richiesto in termini di risorse economiche e di tempo di formazione restringe l’uso dell’ecografo a certe categorie di fisioterapisti che possono effettivamente beneficiarne, come quelli sportivi.

Serve sicuramente un ampliamento della ricerca in proposito che porti nuove evidenze a uso dei fisioterapisti, accanto a quelle già esistenti per cui l’ecografia è un buono strumento di valutazione di trofismo e simmetria muscolare nell’ambito del mal di schiena aspecifico e del pavimento pelvico.

Se poi pensiamo a una stretta collaborazione con il medico, che dalla diagnosi resta comunque l’interlocutore per tutti i quesiti di natura medica che possono sorgere durante la riabilitazione, abbiamo sicuramente un team vincente in cui l’ecografo fa da sfondo comune.

In un campo come quello fisioterapico, in cui le evidenze scientifiche negli ultimi decenni sono largamente entrate, giustamente, a far parte della pratica quotidiana, non si può continuare a rimandare l’utilizzo di strumenti adiuvanti come l’ecografo. La ricerca che avanza in fisioterapia si nutre peraltro di dati oggettivi e misurabili e, anche se l’ecografia è un esame altamente operatore-dipendente, ha dimostrato per la valutazione funzionale anche un buon grado di affidabilità inter-operatore.

E voi cosa ne pensate? Avete intenzione di usare l’ecografo o magari già lo usate?

 

Fonti: Position Statement Aifi Rusi approvato 30 ottobre 2017

Articolo scritto in collaborazione con Elisa Tobia

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