Fisioterapia nel paziente cardiopatico

Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte e morbilità nel mondo occidentale, con forti ripercussioni sociali in termini di partecipazione e sul sistema sanitario. 

La fisioterapia può agire sia nella fase di prevenzione primaria, quella fase in cui, agendo sui fattori di rischio modificabili, si va a ridurre l’incidenza della patologia, sia nella fase di prevenzione terziaria, cioè nel momento in cui la malattia si è instaurata e l’obiettivo diventa quello di garantire la migliore qualità della vita possibile e di modificare positivamente l’evoluzione naturale della patologia cardiovascolare.

Quello della fisioterapia preventiva è forse un ruolo ancora poco conosciuto e riconosciuto che dovrebbe essere promosso di più a livello sanitario perché è alla base della promozione della salute e permette un notevole risparmio sui costi sanitari e sociali. Il fisioterapista ha il ruolo di educare il paziente a un corretto stile di vita che vada a eliminare possibilmente tutti i fattori di rischio modificabili per le patologie cardiovascolari. 

Infatti, sebbene l’età avanzata, il sesso maschile e la storia familiare siano fattori di rischio non modificabili, si può agire su tutti gli altri fattori che, in associazione, comportano un aumento esponenziale delle possibilità di ammalarsi.

Attività fisica, dieta equilibrata, assunzione corretta di eventuali terapie ipolipidemizzanti, betabloccanti e ipertensive, controllo della pressione e del peso, eliminazione del fumo: su tutti questi elementi il fisioterapista può lavorare insieme al paziente e anche in collaborazione con altri professionisti quali il medico di medicina generale, il nutrizionista e lo psicoterapeuta per rendere il paziente consapevole e motivato a migliorare la propria condizione di salute e aumentare la propria aspettativa di vita di qualità.

L’esercizio fisico è ovviamente il cardine principale intorno al quale si muove la prevenzione e può dare un contributo eccezionale anche per arginare eccessi alimentari, fumo, stress e ipertensione, e va calibrato bene sul paziente rispetto a età, richieste, obiettivi e patologie. Il fisioterapista oggi ha le conoscenze per costruire al meglio un programma allenante di esercizio che comprenda sia lo sviluppo delle capacità aerobiche sia l’aumento della forza: entrambe qualità imprescindibili per vivere la terza età mantenendo autonomia e prevenendo le cadute.

Oggi, nonostante la sopravvivenza sia aumentata grazie alle migliori cure, si assiste con l’aumento dell’età e la cronicizzazione delle malattie cardiovascolari alla presenza di molte persone che trascorrono tanti anni della loro vita con una bassa o scarsa qualità di vita e forti limitazioni personali alla partecipazione. Ed è qui, quando il paziente ha sviluppato una cardiopatia, che di nuovo il fisioterapista può intervenire in maniera importante con l’esercizio fisico. Nonostante in passato si sia ritenuto necessario mettere a riposo le persone con una problematica cardiovascolare, oggi è chiaro che la prima cosa da evitare in un paziente di questo tipo è la spirale del decondizionamento.

Una limitata o nulla attività fisica porterà infatti solo a diminuire le performance dell’apparato cardiovascolare, con conseguente maggiore fatica percepita che a sua volta determinerà un aumento della sedentarietà. La prescrizione dell’esercizio fisico in un paziente cardiopatico è un atto medico e quest’ultimo dovrebbe indicare anche la frequenza cardiaca ottimale da mantenere durante l’esercizio, idealmente dopo aver fatto eseguire al paziente un test cardiopolmonare.

Il paziente poi, con il fisioterapista, può iniziare gradualmente con due sedute a settimana di 20/30 minuti per poi arrivare a quattro/cinque sedute settimanali di 30/45 minuti. Ogni seduta di esercizio terapeutico deve iniziare con un riscaldamento e terminare con un defaticamento e prevedere attività aerobiche come cyclette, camminata, tapis roulant (evitare la bici per il rischio di emorragie da caduta in pazienti in terapia anticoagulante).

Per incrementare la forza e prevenire la sarcopenia che tende ad affliggere le persone oltre i 50 anni, si consigliano serie di sollevamento di pesi di moderata entità per molte ripetizioni, che si sono dimostrate efficaci per l’ipertrofia senza affaticare il sistema cardiovascolare. 

Si deve ovviamente evitare la manovra di Valsalva e monitorare l’affaticamento con metodi di semplice utilizzo come il Talk test o la scala Borg o Vas, che, nonostante l’uso intuitivo, si sono dimostrati di provata validità nello stimare lo sforzo del paziente e danno un contributo ottimo al fisioterapista nel monitorare il paziente durante l’esercizio fisico.

Grazie alla motivazione del paziente e alla attenta guida del fisioterapista, l’esercizio fisico contribuirà anche nel paziente cardiopatico ad abbassare la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa (con notevole risparmio della capacità contrattile del miocardio) e a migliorare la funzione muscolare e i livelli di energia percepiti. Quest’ultimo beneficio è di fondamentale importanza se si pensa alla prevalenza di depressione riscontrata nei malati cronici, dovuta a una scarsissima qualità di vita: se il fisioterapista riesce ad ottenere l’aderenza del paziente al programma fisico, avrà un risultato non solo in termini di modifica dei sintomi della patologia, ma anche un forse più importante successo: eliminare gli effetti secondari sulla salute mentale della malattia cronica, che si ripercuotono pesantemente sulla vita del paziente e della sua famiglia.

E un paziente felice e soddisfatto della propria vita è, e deve sempre essere, l’obiettivo finale di ogni percorso fisioterapico!

Fonti:

G Ital Cardiol 2021;22: Il test da sforzo cardiopolmonare: uno strumento fondamentale per una prescrizione personalizzata dell’esercizio fisico nei pazienti con malattia cardiovascolare, Anselmi, Cavigli, Pagliaro, Valente, Mondillo, Focardi, Cameli, Bonifazi, D’Ascenzi

Articolo scritto in collaborazione con Elisa Tobia

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