Frattura di femore con chiodo endomidollare: Ecco come trattarla

INTRODUZIONE

Con l’aumentare dell’età media della popolazione, specialmente in Italia, chi di mestiere fa il Fisioterapista incontra nella sua vita almeno una decina di casi di anca chirurgica per frattura del femore. Spesso è legata a cadute accidentali a basso impatto, in pazienti più o meno anziani con una scarsa qualità ossea e quadri clinici più o meno complessi.

In particolare, del femore, ciò che viene coinvolto è la porzione dell’epifisi prossimale, con risvolti talora fatali. Queste fratture si dividono principalmente in mediali e laterali, ognuna trattata con tecniche chirurgiche differenti.


Cos’è il chiodo endomidollare?

Il chiodo endomidollare è un tipo di osteosintesi interna utilizzato per trattare chirurgicamente le fratture di alcune ossa lunghe, come l’omero o il femore. Venne introdotto nel 1988, per la gestione delle fratture laterali del collo del femore, rivoluzionando il mondo della chirurgia ortopedica.

Il comparto laterale della testa del femore può andare incontro a diversi pattern di fratture. Può comprendere il gran trocantere, il piccolo trocantere o entrambi, essere ad un solo frammento o pluriframmentate; con linea di frattura obliqua o trasversa.


Com’è fatto?

È caratterizzato da un lungo chiodo metallico di diversi centimetri, che viene inserito lungo il canale midollare dell’osso. Esso può essere vincolato prossimalmente o distalmente con viti di bloccaggio che attraversano le corticali dell’osso andando ad inserire in fori praticati nel chiodo. Tra le tipologie che troviamo sul mercato la più famosa è il chiodo gamma.


Vantaggi VS Svantaggi

L’introduzione di questa osteosintesi ha portato con sé numerosi vantaggi. Il più importante è la capacità che esso ha nello stabilizzare la frattura grazie al buon braccio di leva acquisito dalla cospicua lunghezza del chiodo. La stabilità della frattura consente una più rapida concessione del carico, condizione che facilita la ripresa funzionale; infatti, sarà possibile fin dall’inizio sperimentare il cammino.

Questo è fondamentale nel paziente anziano che necessita di una “precoce” riabilitazione e ripresa immediata della deambulazione, per prevenire tutte quelle terribili complicanze legate all’immobilizzazione.

Oltretutto, la procedura per l’inserimento è poco invasiva e, a seconda dell’infibulo utilizzato, avviene 2 cm sopra il grande trocantere con una incisione di non più di 3 cm. Ciò, risulta essere fondamentale poiché un accesso chirurgico di grandi dimensioni provocherebbe una perdita ematica considerevole, con possibili gravi conseguenze nel paziente anziano.

Il “chiodo” invece, non è preferito nel paziente giovane dove deve essere ricercata la migliore riduzione anatomica possibile. Infatti, difetti di rotazione o mal riduzioni sono poco tollerati. Per ottenere i migliori risultati, la prima scelta dei chirurghi ortopedici è l’utilizzo della placca con viti. Inoltre, come già detto, l’inserimento del chiodo è una procedura mininvasiva, che risulta futile nel paziente giovane in quanto, le forze muscolari, sono capaci di produrre delle scomposizioni dei frammenti spesso invincibili senza un’apertura del focolaio di frattura.


Riabilitazione

Cosa fare all’inizio?

Nella prima fase post-operatoria il paziente si presenterà con i tipici segni dell’infiammazione: tumor, rubor, calor e fuctio lesa. Il nostro obiettivo sarà quello di contenere i loro effetti; nel caso dell’aumento di temperatura e la presenza di rossore locale, legato al fenomeno dell’iperemia attiva, può essere gestita con della crioterapia che può essere impiegata ogni 2 ore per circa 20 minuti. 

Per quanto riguarda il gonfiore, fenomeno legato all’edema, può essere contenuto sia con posizionamenti che con movimenti attivi e mobilizzazione passive, capaci di smuovere i fluidi. Ovviamente, quest’ultime, entro il range non doloroso, hanno anche la capacità di alleviare il dolore riducendo man mano lo spasmo della muscolatura. Fin da subito si dovrà promuovere la mobilità attiva locale ma anche distale. Tutto ciò è necessario per il recupero di un range articolare che permetta di acquisire una buona articolarità.

La questione del carico…

Per quanto riguarda gli esercizi di rinforzo cominceremo con esercizi che prevedono una contrazione isometrica, riducendo le forze di taglio che gravano sull’articolazione, per poi progredire con una contrazione di tipo concentrica. Gli esercizi di rinforzo saranno inizialmente in catena cinematica aperta e in scarico; successivamente si introdurranno esercizi in catena cinematica chiusa. 

Questo però dipende dalla concessione del carico e quindi dalle indicazioni del medico chirurgo. Infatti, possiamo trovarci di fronte a casi in cui viene concesso del carico sfiorante, quindi utilizzeremo un ascellare come ausilio per camminare, oppure un carico parziale in cui si opterà per un addestramento alla corretta distribuzione del carico richiesta all’arto operato con una bilancia, ad occhi aperti e poi ad occhi chiusi. 

Altrimenti, sempre più spesso viene concesso il carico a “tolleranza”, ovvero a seconda del dolore percepito. Spesso, infatti, per un paziente è difficile capire quanto “peso” esercitare sull’arto: il dolore percepito è più indicativo.

Un obiettivo trascurato: prevenire ulteriori cadute

Anche la sfera dell’equilibrio non deve essere trascurata, dato che, il più delle volte, la frattura nell’anziano è dovuta ad una caduta accidentale. Detto questo, uno degli obiettivi più importanti sarà prevenire ulteriori cadute una volta tornati a domicilio. 

Gli esercizi proposti dipenderanno dal carico concesso e le capacità residue del paziente: si progredirà ad esercizi in bipodalica a quelli in monopodalica, da esercizi statici a quelli dinamici, da superfici stabili a quelle instabili, come le tavolette propriocettive. Tuttavia, non meno importanti sono la forza e la propriocezione degli arti inferiori, su cui il paziente va allenato.

Dato che si avrà a che fare principalmente con persone anziane sarà un trattamento orientato soprattutto al recupero funzionale, con precoce recupero della deambulazione, con addestramento alla salita e discesa delle scale, con l’obiettivo di recuperare l’autonomia nelle BADL.


Un alleato della Riabilitazione

Il chiodo endomidollare è un tipo di trattamento chirurgico che facilita la riabilitazione di persone anziane. Per questi pazienti tornare a camminare rapidamente riduce quelle complicanze mortali che l’immobilizzazione prolungata può portare a persone di una certa età; oltre che essere fonte di speranza e motivazione.

 

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