Il monitoraggio dei carichi di lavoro in riabilitazione

Autore

 Federico Genovesi

Federico Genovesi

Fisioterapista, Osteopata presso Manchester City FC

Il monitoraggio dei carichi di lavoro in riabilitazione

Provenienti dagli studi di professionisti dalla Sport Science, storicamente i carichi di lavoro sono stati studiati mediante parametri di carico esterno e interno.

Le misure di carico esterno si riferiscono a fattori programmati dal preparatore atletico o prodotte dall’atleta durante una sessione di allenamento o una competizione: esempi di variabili di carico esterno sono la distanza totale percorsa durante una sessione, il numero di accelerazioni o di decelerazioni, di salti o di lanci, la velocità prodotta o la durata della sessione, etc.

I parametri di carico interno si riferiscono a fattori che ci indicano lo stress fisiologico prodotto dall’allenamento sul sistema dell’atleta: le misure più frequentemente utilizzate di carico interno sono la frequenza cardiaca, la valutazione dello sforzo percepito (RPE), questionari sulla wellness e altri tipi di marcatori biochimici.

Qual è l’obiettivo delle strategie di monitoraggio?

L’obiettivo delle strategie di monitoraggio dell’atleta in riabilitazione, è quello di gestire e manipolare il programma riabilitativo e dosare nel modo più appropriato i carichi per evitare di somministrare carichi esagerati ad una struttura, che per via dell’infortunio, non avrebbe la capacità di sopportare.

Il riabilitatore, grazie a questo attento monitoraggio e alla collaborazione interdisciplinare con altri professionisti, prendendo come riferimento entrambi i tipi di parametri dovrebbe essere in grado di gestire bene la pianificazione della riabilitazione; dovrebbe monitorare sempre entrambi i tipi di parametro perché due sessioni identiche in termini di carico esterno, potrebbero provocare reazioni diverse in termini di carico interno. Le misurazioni del carico esterno potrebbero fornire informazioni sull’influenza della fatica sulle prestazioni, ma non ci dicono come l’atleta sta rispondendo a quella prestazione; comunque dovrebbero essere ben studiate per garantire una progressività dei carichi.

La session-RPE

Allo stesso tempo, per garantire un’ottimale procedura riabilitativa, dovremmo analizzare la reazione dell’atleta al carico somministrato. Un parametro di carico interno facilmente utilizzabile e accessibile a tutti è la session-RPE: possiamo conoscere la RPE o percezione dello sforzo, semplicemente chiedendo all’atleta, da dieci a trenta minuti dal termine della sessione, la sua percezione soggettiva dello sforzo riguardo alla sessione appena terminata su una scala da 0 (nessuno sforzo) a 10 (massimo sforzo sostenibile); moltiplicando questo valore per la durata della sessione in minuti, avremo trovato la session-RPE. Una volta che il riabilitatore ha a disposizione questo parametro, dovrebbe analizzarlo per comprenderne l’andamento. Alcuni metodi comunemente utilizzati per monitorare la session-RPE sono la monotony dell’allenamento, lo strain dell’allenamento, le differenze week-by-week generalmente studiate attraverso Z-score, T-score o variazioni percentuali e infine il rapporto tra carico acuto e carico cronico.

La monotony dell’allenamento, lo strain dell’allenamento, le differenze week-by-week e il rapporto tra carico acuto e carico cronico

La monotony si riferisce al rapporto della media della session-RPE in un periodo di tempo (generalmente una settimana o il microciclo che si vuole utilizzare) per la deviazione standard dello stesso parametro nello stesso periodo di tempo. Monitorare la monotony è facile e dovrebbe essere un tool usato dai professionisti per gestire meglio il carico riabilitativo da somministrare.

Lo strain è il prodotto della monotony per il carico totale del periodo di tempo studiato; periodi di alto strain e alta monotony sembrerebbero correlati con aumentati rischi.

Diversi strumenti statistici vengono utilizzati per analizzare i diversi parametri di carico interno, in particolare la session-RPE, per confrontare i valori attuali della performance con valori baseline, per meglio comprendere gli effetti fisiologici dei carichi imposti al paziente: i più utilizzati sono le variazioni dello Z-score o le variazioni percentuali; un altro metodo recentemente introdotto e ampiamente utilizzato è il rapporto tra carico acuto e carico cronico. 

Questa modalità di studio analizza il rapporto tra il carico acuto (generalmente considerando la media della session-RPE nell’ultima settimana di esposizione) e il carico cronico (generalmente considera la media delle ultime quattro settimane di esposizione); è facilmente calcolabile come il rapporto tra questi due valori.

Un modo più complesso per il calcolo questo rapporto è stato recentemente pubblicato ed utilizza una media esponenziale dando una maggiore importanza alle settimane più recenti rispetto a quelle più remote del carico cronico.

É importante considerare lo stress cronico

È importante infine, considerare anche lo stress cronico poiché durante i periodi di stress elevato, i pazienti sembrerebbero avere una ridotta capacità di adattarsi ai carichi e un aumentato rischio di sostenere malattie del tratto respiratorio superiore e infortuni. Per il monitoraggio dello stress cronico esistono diversi questionari come il wellness score o il DALDA questionnaire che valutano il sonno, il dolore muscolare, il livello di stress e il livello di affaticamento e altri parametri.

Utilizzando questi semplici tools potremmo avere a disposizione molte informazioni sull’evoluzione della riabilitazione e feedback sulla corretta somministrazione dei carichi.  

Altri Articoli

Blog Fisioterapia

I primi piccoli passi per mettersi in privato

Per valutare in modo preliminare un articolo scientifico è tener conto della qualità della rivista su cui viene pubblicato, della “nomea” dell’autore e dal numero delle citazioni dell’articolo. Un aspetto fondamentale è il “peer review”

Blog Fisioterapia

Fisioterapisti LP e macchinari

Per valutare in modo preliminare un articolo scientifico è tener conto della qualità della rivista su cui viene pubblicato, della “nomea” dell’autore e dal numero delle citazioni dell’articolo. Un aspetto fondamentale è il “peer review”

Non perderti nessun articolo
Iscriviti gratis alla nostra Newsletter

Rimani aggiornato e impara dai colleghi

Condividi questo articolo

Condividi su facebook
Condividi su linkedin
Condividi su twitter
Condividi su email

Vuoi trasformare il tuo modo di lavorare?