Autore

 Federico Genovesi

Federico Genovesi

Fisioterapista, Osteopata presso Manchester City FC

La Tendinopatia Rotulea

Nel codice internazionale di diagnostica degli infortuni sportivi (OSIICS 13.4), la tendinopatia rotulea o patellar tendinopathy (codice KT2) è descritta come una patologia il cui tissue type è muscolo-tendineo e il pathology type è una tendinopatia.

La Tendinopatia Rotulea è anche nota con il nome di Ginocchio del saltatore, per via della sua frequente presentazione in sportivi che enfatizzano il gesto del salto ma questa non è una nomenclatura sempre adeguata, considerata la frequenza di presentazioni in sportivi che enfatizzano movimenti di cambi di direzione o decelerazioni.

È stato utilizzato anche il termine di tendinite rotulea ma, anche in questo caso non è corretto perché la patologia sottostante è una condizione degenerativa piuttosto che solamente infiammatoria. La nomenclatura “Tendinopatia Rotulea” (come presentata nel codice OSIICS) sembrerebbe dunque essere la più appropriata per descrivere questa condizione.

Come diagnosticarla?

Dall’intervista e dall’analisi clinica dovremmo catturare i seguenti segni e sintomi soprattutto per fare una diagnostica differenziale con la syndrome femoro-rotulea:

  • Esordio del dolore in attività di salto o cambio di direzione
  • Dolore localizzato al polo inferiore della rotula e aggravato da attività che accumulano energia nel tendine (principalmente salti, decelerazioni, cambi di direzione)
  • Tenderness del tendine rotuleo (la tenderness potrebbe però essere presente anche in individui asintomatici)
  • Assenza di gonfiore articolare ma possibile presenza di ispessimento tendineo
  • Dolore alla massima estensione del ginocchio
  • Movimento della rotula normale o presenza di “rotula alta”
  • Dolore aggravato dallo squat su piano declinato
  • Nessun effetto positive sulla sintomatologia con utilizzo del taping (che invece sembrerebbe migliorare i sintomi di una syndrome femoro-rotulea)

 

Per poterci accertare che si tratti di una tendinopatia rotulea, dobbiamo poter riprodurre il dolore ben localizzato percepito dal paziente durante lo svolgimento di attività ad alto carico energetico sul tendine. Il dolore diffuso (quindi non localizzato) all’area anteriore del ginocchio durante attività funzionali non è riferibile al tendine rotuleo (il cui dolore è localizzato al polo inferiore della rotula); dovremmo prendere in considerazione, quindi, la possibilità che il dolore provenga dall’articolazione femoro-rotulea (e che sia percepito anche nell’area del tendine rotuleo).

La debolezza generalizzata dell’arto inferiore potrebbe provocare disfunzioni della catena cinetica in grado di predisporre il paziente all’insorgenza di dolore nel fulcro mediale del ginocchio e di provocare un’incapacità di sfruttare il tendine nelle sue funzioni di energy storage e release.

Il monitoraggio dei carichi e una corretta biomeccanica in single leg standing sembrerebbero fattori fondamentali per evitare l’insorgenza di tendinopatia rotulea e per riabilitarla.

Come gestire la Tendinopatia Rotulea

Negli sportivi, possiamo gestirla con 2 tipi di management differenti: un approccio chiamato in-season nel quale il paziente può continuare a competere (poiché il dolore glielo consente), oppure un approccio chiamato off-season, se il paziente non è in grado di continuare a competere per via del dolore.

I fattori che dovremmo prendere in considerazione insieme al paziente, per decidere se continuare nell’attività o meno, sono il livello del dolore, il livello di funzionalità e il livello di performance (c’è stato un declino della performance riferibile al dolore al tendine?)

  • Nel caso in cui si decida di continuare a competere, dovremmo spiegare al paziente gli elementi chiave del trattamento e essere chiari sul fatto che il dolore potrebbe non alleviarsi nettamente o completamente. I focus del nostro intervento dovrebbero essere: il mantenimento dei livelli di forza nell’unità miotendinea interessata e in tutta la catena cinetica, la riduzione dei carichi (sostituendo in alcuni casi l’allenamento cardiovascolare con attività che non carichino il tendine rotuleo), la correzione dei fattori biomeccanici, l’alleviamento del dolore tramite trattamento manuale sulle strutture trovate in disfunzione. Dal punto di vista dei trattamenti fisici, l’utilizzo di onde d’urto e laser sembrerebbe essere di grande aiuto nel controllo del dolore.

 

Il piano di lavoro nell’approccio in-season non dovrebbe includere forti carichi eccentrici e attività di storage energetico poiché sono già presenti nell’attività competitiva. Il monitoraggio dei carichi dovrebbe prevedere la riduzione del volume degli allenamenti in accordo con lo staff tecnico.

Ottimizzare la biomeccanica è determinante, in particolare la funzionalità della caviglia (in termini di capacità di dorsiflessione) e dei muscoli del polpaccio (in termini soprattutto di forza eccentrica) sono fondamentali per l’assorbimento dei carichi di atterraggio e per ridurre stress eccessivi al ginocchio. Per il sollievo sintomatologico, le contrazioni isometriche sembrerebbero essere efficaci: i parametri consigliati sono il mantenimento prolungato della contrazione (30-45 sec.) al 70% della MCV per 5 ripetizioni con 2 minuti di pausa tra una ripetizione e l’altra; l’angolatura del ginocchio dovrebbe essere tra i 90 e i 45°. Gli esercizi di rinforzo dovrebbero essere mirati alla prevenzione di debolezze e atrofie e non al miglioramento della performance.

Particolare attenzione dovrebbe essere posta a glutei e polpacci omolaterali e quadricipite controlaterale (incrementerebbe la forza del quadricipite affetto del 20%). Durante la stagione, lo squat su piano declinato potrebbe essere performato come pre-attivazione ma solo se non provoca eccessivo dolore.

  • L’approccio off-season richiede un appropriato piano che in principio, prevede rinforzo isometrico e isotonico e in una fase successiva introduce delle attività che richiedono storage energetico sul tendine affetto e rilascio energetico. I trattamenti manuali e fisioterapici sono gli stessi del precedente approccio. In questo caso si potrebbe pensare di effettuare dei trattamenti più invasivi per stimolare la riparazione tendinea (ad esempio PRP) anche se l’evidenza è ancora scarsa.

 

Il riposo assoluto, anche in questo caso, è controindicato e un precoce programma di esercizi isometrici e isotonici dovrebbe essere iniziato il prima possibile, appena i livelli di dolore si sono stabilizzati. Si dovrebbe procedere con la progressione di questi esercizi dopo esserci assicurati, giorno dopo giorno, degli effetti delle sessioni e dei singoli esercizi sui livelli di dolore (al momento dell’esercizio stesso e al giorno seguente).

Gli esercizi di single-leg squat su un piano declinato di 25° sembrerebbero essere efficaci a patto che, durante l’esecuzione, non provochino un dolore superiore a 3 su una scala NRS da 0 a 10 (e non provochino dolore al mattino seguente). La terapia manuale è utile (anche in seguito al lavoro di rinforzo) e ci potrebbe consentire di progredire più facilmente durante la riabilitazione. Allo stesso modo, l’uso di crioterapia al termine della sessione di forza, dà benefici sul controllo del dolore; invece sembrerebbero essere poco utili l’uso di anti infiammatori e l’applicazione di taping.

Di notevole importanza è la correzione della biomeccanica correggendo ogni deficit di ROM ritrovato su piede/caviglia e sull’anca e correggendo anche i difetti di controllo del tronco e dell’anca in attività di single leg squat e landing.

Quando considerare l’intervento chirurgico?

L’approccio chirurgico dovrebbe essere preso in considerazione solo se c’è stato il fallimento di un piano dettagliato di trattamento conservativo. Dobbiamo considerare che l’intervento chirurgico non sembrerebbe dare dei benefici superiori rispetto al trattamento conservativo.

L’intervento chirurgico dà benefici sintomatologici, ma il ritorno allo sport agli stessi livelli non sembrerebbe garantito. In caso di intervento chirurgico, la procedura artroscopica sembrerebbe essere quella che consente un più rapido ritorno allo sport e i tempi di ritorno allo sport sono compresi tra i 6 e i 12 mesi. Tra i parametri da considerare per il Return to Play in caso di un approccio off-season, dobbiamo considerare la simmetria nei livelli di forza, di rate of force development e di ROM di caviglia e anca. La simmetria, in alcune physical performance measures (ad esempio Y balance test, SEBT, single leg hop, triple hop for distance), per accertarsi che la funzionalità sport-specifica sia recuperata e si raggiungano i livelli precedenti all’infortunio di massima velocità e agilità in test da campo.

Ricordiamo che la tenderness non è un test e non dobbiamo tenerlo in considerazione come una outcome measure per valutare l’efficacia del trattamento o la readiness per il RTP.

Altri esami utili

L’ecografia e la MRI sono entrambe utili per indagare la tendinopatia rotulea: hanno bassa sensibilità ma alta specificità, quindi vanno considerate assieme al quadro clinico del paziente (considerando, però, che circa il 50% di pazienti asintomatici hanno anormalità all’imaging).

Come PROMs per la gestione del paziente con tendionopatia rotulea, abbiamo diverse scelte: chiaramente la scala VAS-U e il VAS-W, il VISA-P, il monitoraggio del dolore nello squat su piano declinato, documentando la quantità di dolore (tramite scala NRS) e l’angolo di flessione di ginocchio al quale il dolore si presenta.

Il trattamento manuale dipende dalle disfunzioni ritrovate. Quello che ho visto più di frequente, nel corso della mia esperienza, è un deficit della massima estensione del ginocchio e la presenza di Trigger points sul vasto mediale o sul retto femorale. La risoluzione locale di queste, potrebbe essere ottenuta con un rilasciamento manuale dei TrP con tecniche o articolari sul ginocchio o miofasciali sul popliteo (la massima estensione del ginocchio richiede una rotazione esterna della tibia che potrebbe essere limitata dalla tensione del popliteo) o sugli hamstring.

A mio parere, non ci si dovrebbe fermare alla risoluzione del network locale ma bisognerebbe prendere in considerazione l’intero sistema, con particolare attenzione al cluster lombo-crurale.

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