Autore
Federico Genovesi
Fisioterapista, Osteopata presso Manchester City FC
Le parti dell’assessment: la ricerca delle Disfunzioni Somatiche
Quando ci troviamo per la prima volta di fronte ad un paziente, sia che si rivolga a noi per un dolore specifico o per un infortunio o che si tratti di un paziente sano che vuole fare una visita esclusivamente per una maintenance o per prevenire l’insorgenza di problematiche, è sempre importante svolgere un dettagliato assessment e conoscere lo stato del paziente.
L’assessment è utile per:
- Ricercare le disfunzioni che potrebbero essere alla base del problema
- Per rilevare lo stato funzionale e disfunzionale del paziente
- Per avere dei dati baseline da confrontare in futuro con successive valutazioni
- Infine, per avere un punto di riferimento e poter svolgere con razionalità il lavoro
Ma per fare una valutazione necessitiamo di strumenti di misurazione e di unità di misura.
Gli strumenti di valutazione
Questi strumenti di valutazione possono essere rappresentati da devices che danno numeri oggettivi con specifiche unità di misura (come, ad esempio, un dinamometro che ci dà informazioni in Newton/Kg riguardo alla capacità di esprimere forza; o un inclinometro che ci dà informazioni in gradi riguardo ai ROM articolari e così via).
Oppure, possono essere rappresentati da uno strumento vitale per ogni terapista, cioè le mani. Attraverso la palpazione manuale o la performance di test di movimento, infatti, noi terapisti professionisti possiamo svolgere un esame che, seppur soggettivo, può rivelarsi molto riproducibile, soprattutto se accompagnato da anni di esperienza e attenzione durante la valutazione.
Ma cosa dobbiamo ricercare attraverso la palpazione e con che unità di misura misuriamo lo stato del paziente da un punto di vista strutturale?
Spesso i terapisti utilizzano il concetto di Range of Motion per la ricerca di ipomobilità articolari oppure di trigger points per giustificare la presenza di dolore in strutture miofasciali. Dal mondo osteopatico emerge un concetto che potrebbe rappresentare una ottima unità di misura soggettiva della struttura: la disfunzione somatica (SD).
Nel glossario della terminologia osteopatica ritroviamo la seguente definizione: “funzione compromessa o alterata delle component relative al Sistema corporeo (struttura del corpo): strutture scheletriche, artrodiali e miofasciali con I relativi elementi vascolari, linfatici e neurali.”
E come ci accorgiamo della presenza di una disfunzione somatica nella struttura di un paziente?
Lo facciamo attraverso la ricerca (con test palpatori e di movimento passivo) di 4 caratteristiche che ritroviamo sotto le iniziali dell’acronimo TART:
- Tissue texture abnormality (anormalità della trama tessutale): dalla palpazione dobbiamo rilevare ogni anomalia della trama tessutale che potrebbe essere rappresentata da una fibrosi, da una densificazione fasciale, dalla presenza di un trigger point, etc…
- Asymmetry (asimmetria): asimmetria sia della trama tessutale che del range di movimento
- Restriction of motion (restrizione di movimento): questa caratteristica la rileviamo attraverso la performance di test di movimento passivo che devono evidenziare sia una limitazione del ROM che un end feel “disfunzionale” o più rigido rispetto al normale (o al lato opposto)
- Tenderness (dolorabilità): presenza di dolore alla palpazione
Quando troviamo una o più di queste caratteristiche nelle strutture somatiche durante la valutazione del paziente, possiamo definire la presenza di una o più disfunzioni somatiche. Ognuna di queste andrebbe graduata (generalmente si valuta su una scala da 1 a 3, dove 1 rappresenta una SD lieve, 2 moderata e 3 forte) e dovrebbe essere definite anche rispetto a un criterio temporale (si tratta di una SD acuta o cronica?).
La SD spesso è considerata la causa del problema e il terapista ha la tendenza a trattarla incondizionatamente dall’analisi della stessa rispetto alle altre presenti o, più in generale, rispetto all’analisi del Sistema. Spesso il trattamento di una SD potrebbe essere risolutivo per il problema del paziente, oppure potrebbe “rifornire” il sistema corpo di capacità di compensazione e adattamento, riducendo il rischio di insorgenza di problematiche; è doveroso ed opportuno, però, analizzare l’intero Sistema di movimento durante la procedura di assessment e non limitarsi solo alla ricerca di SD nelle relative adiacenze della sintomatologia del paziente e integrare i concetti di struttura e funzione. Quindi, studiando non solo lo stato strutturale (per il quale la ricerca di SD rappresenta una parte importante), ma anche quello funzionale (ovvero come si muove il paziente).
La struttura governa la funzione ma la funzione modella la struttura. Il tutto sotto il controllo non modificabile della storia del singolo paziente.
Per questo dobbiamo performare assessment completi, registrare i dati per averli a disposizione sempre, analizzarli e da lì trovare la soluzione più adeguata per i nostri assistiti.
E tu, utilizzi la ricerca di disfunzioni somatiche nelle tue valutazioni?
In questa immagine, si può vedere il format che utilizzavo personalmente agli inizi della mia carriera lavorativa, per creare il profilo dei pazienti. In base ai legami tra disfunzioni somatiche e inibizioni, e tenendo in considerazione segni, sintomi e storia del paziente, costruivo il piano terapeutico e i singoli trattamenti strutturali e interventi funzionali.