L’inibizione muscolare nella valutazione

Autore

 Federico Genovesi

Federico Genovesi

Fisioterapista, Osteopata presso Manchester City FC

L’inibizione muscolare nella valutazione

Nella procedura di assessment che normalmente utilizzo per valutare un paziente con dolore oppure un paziente asintomatico una parte importante, che dà feedback utili a noi terapisti, è lo svolgimento di test muscolari manuali, che hanno lo scopo di individuare inibizioni muscolari.

Approfondiamo insieme il Test Muscolare

Dobbiamo considerare il test muscolare come un altro tool per esaminare l’interazione tra struttura, funzione e storia. Uno degli strumenti in grado di mostrare i disordini del Sistema, allo stesso modo della ricerca di disfunzioni somatiche, restrizioni del ROM, disfunzioni di movimento, deficit di forza, etc…

Le inibizioni, spesso impropriamente chiamate debolezze, non dovrebbero essere intese come queste, da trattare attraverso il rinforzo dello specifico muscolo (o meglio non sempre), ma dovrebbero essere interpretate in ottica sia locale che sistemica per individuare i disordini strutturali o funzionali che potrebbero essere alla base di quella inibizione.

Infatti, qualsiasi disturbo all’interno del Sistema di movimento, può condurre a cambiamenti nei normali pattern di attivazione muscolare: questo è dovuto all’ immensa rete di relazioni (muscolari, neurali, tendinee, legamentose, fasciali, riflese, etc…) proprie del network anatomico.

In questo breve articolo, non parlerò di come performare un test muscolare, per cui sarebbe opportuno studiare e frequentare dei corsi specifici e praticare giornalmente, con pazienti e atleti, la cosiddetta arte del test muscolare manuale.

Vorrei, però, sottolineare che non si tratta di un test di forza (per la cui misurazione è necessario un dinamometro), ma di un test propriocettivo per indagare la funzionalità neuromuscolare. Ogni qual volta ci apprestiamo a valutare un muscolo attraverso un test muscolare manuale, dobbiamo pensare che stiamo regredendo ad una funzione basica, probabilmente mai utilizzata nello sviluppo e nell’apprendimento motorio; infatti, in qualsiasi gesto svolto in attività quotidiane o sportive, non viene quasi mai attivato un muscolo isolatamente. Ma, sebbene si tratti di un test estremamente locale e specifico, è comunque in grado di darci informazioni sia locali che sistemiche, viste le molte relazioni del muscolo stesso con il Sistema.

Perché è utile...

Il vantaggio del test muscolare sta proprio in quella che è la principale critica che gli viene mossa, ovvero l’isolamento funzionale: isolando il più possibile il muscolo durante il test, si toglie ogni tipo di compensazione e, in presenza di inibizione muscolare, si mettono in evidenza tutte le possibili cause di questa, grazie alle relazioni anatomiche che potrebbero determinare il malfunzionamento della singola struttura muscolare esaminata.

C'è una differenza da tenere bene a mente

È opportuno specificare la differenza tra una disfunzione muscolare primaria e una secondaria:

  • La disfunzione muscolare primaria si riferisce a un disordine nel circuito neurale intrinseco di un muscolo, come quello che – ad esempio – si verifica in seguito a un trauma diretto o indiretto. Anche in questo caso, oltre ad assicurarci della definitiva guarigione tissutale, non dovremmo trascurare la possibile permanenza di una disfunzione nel circuito neurale intrinseco del muscolo, che deve essere corretta attraverso appropriate tecniche sui fusi neuromuscolari, sugli OTG o sui propriocettori fasciali. È importante, a questo proposito, saper riconoscere una disfunzione muscolare primaria attraverso l’anamnesi e la raccolta di dati storici del paziente oppure attraverso specifiche stimolazioni sui recettori sopra citati.
  • La disfunzione muscolare secondaria, invece, si riferisce ad un disordine che non dipende dal muscolo stesso ma che risiede in un’altra area del corpo, relazionata in qualche modo con quel muscolo inibito. I disordini muscolari secondari possono avere origine da disordini delle articolazioni su cui il muscolo in questione agisce, dal su rapporto di antagonismo o sinergismo con altre strutture muscolari, da influenze biomeccaniche statiche (postura) o dinamiche (disfunzioni di movimento), da compressioni nervose a livello del forame intervertebrale o in periferia, da riflessi viscero-somatici o somato-somatici o, infine, da relazioni miofasciali più o meno distanti.

Nella pratica clinica, una volta ritrovato un muscolo inibito, sarebbe opportuno valutarne la forza attraverso una misura oggettiva. Normalmente, un muscolo inibito, risulta nuovamente normoreattivo in seguito all’applicazione di uno stimolo specifico che, normalizzando la struttura nel punto esatto del disordine o normalizzando la funzione attraverso un pattern di movimento più adeguato, ripristinerà la normale capacità di reclutamento neuromuscolare del muscolo in esame.

Probabilmente quella struttura disfunzionale o quella funzione deficitaria saranno l’oggetto del nostro trattamento che, almeno da un punto di vista neuromuscolare, tende a normalizzare un singolo muscolo attraverso un intervento sistemico.

Chiuderò questo breve articolo con un paio di esempi pratici:

1) Immaginiamo di valutare un paziente con un dolore all’articolazione del ginocchio.

Dopo aver seguito il Funnel Approach ed aver escluso altre problematiche, potrebbe essere una buona idea performare dei test muscolari manuali (soprattutto se i ritrovamenti fino ad ora ottenuti non sono stati chiari).

Immaginiamo di trovare una inibizione del muscolo vasto mediale: potremmo associarla ad un riflesso artrocinetico (per questo sarà stato importante valutare la presenza di una effusione articolare), oppure ad una compressione periferica del nervo femorale (ad esempio a livello del legamento inguinale), oppure ancora potrebbe essere dovuto ad una restrizione del ROM del ginocchio in massima estensione, oppure ancora ad una disfunzione dell’anca che provoca una rotazione mediale del femore; o ancora un disequilibrio del rapporto tra estensori e flessori del ginocchio, etc…

Una volta pensate tutte le possibili influenze sistemiche e locali sull’attività del muscolo vasto mediale, dovremmo indagarle singolarmente e, quando presenti, correggerle attraverso una stimolazione temporanea, ripetere il test muscolare e valutare la normalizzazione o meno della funzionalità muscolare.

2) Immaginiamo invece un paziente asintomatico, corridore.

In una valutazione, attraverso i test muscolari, potremmo rilevare una debolezza del tibiale anteriore. Questa inibizione dovrebbe aprirci subito tante caselle con le possibili cause: partendo dal circuito locale, ad esempio, dovremmo analizzare le sue inserzioni sulla tibia e sul piede (esaminandone la posizione); dovremmo considerare che questo muscolo agisce sull’articolazione della caviglia determinandone la flessione dorsale e la supinazione (di conseguenza, dovremmo valutare i movimenti della tibio-tarsica e della sottoastragalica). Dovremmo considerare che ha dei rapporti di antagonismo con i peronieri e il tricipite surale (di conseguenza, dovremmo valutare la presenza di disordini in queste strutture) senza dimenticare le altre relazioni sistemiche (neurali, fasciali e biomeccaniche) che ne potrebbero determinare l’inibizione.

In entrambi i casi, una volta trovata la struttura o la funzione in disordine che normalizza il funzionamento del singolo muscolo, bisogna provvedere al trattamento della stessa attraverso un intervento specifico.

Un semplice test isolato muscolare, in realtà, potrebbe darci molte informazioni sul Sistema di movimento, utili per l’identificazione della problematica.

 

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